La magia di un ricordo eterno: Roberto Salvatori fotografo di Bologna ci racconta la sua arte
Come un pittore dipinge la propria tela e ne fa un capolavoro, un fotografo cattura attimi di vita ritraendo l’emozione di un ricordo eterno.
Il compito del fotografo è portare alla luce l’essenza del momento e Roberto Salvatori, noto fotografo di Bologna, in quest’intervista svela l’importanza del suo ruolo in un matrimonio nell’immortalare alcuni tra gli attimi più belli della vita.
Come è nata la passione per la fotografia e quando la passione si è trasformata in professione?
«A undici anni tornai in Italia dall’Eritrea, dove sono nato e curiosando nella casa dei miei genitori, scoprii vecchi album di fotografie che mio padre fece da giovane. Nella sua epoca non esisteva neppure la pellicola e tutte le foto erano state sviluppate da lastre. Trovai anche una magnifica macchina fotografica a soffietto che mi incuriosì e stuzzicò la mia fantasia, tanto che tutt’oggi ne conservo una simile nel mio studio; credo di aver smontato quella macchina fotografica almeno un paio di volte, per capirne la composizione ed il funzionamento. Volevo scattare fotografie e svilupparle, così andai alla biblioteca pubblica vicino casa per imparare, anche solo nella teoria, le alchimie misteriose della camera oscura. La passione per la fotografia continuò a crescere insieme a me, finché ai tempi dell’università, grazie a nuove amicizie, mi avvicinai ad un laboratorio fotografico e con i soldi guadagnati grazie ad un lavoro da magazziniere, riuscii poi ad acquistare la mia prima macchina fotografica: una Kiev – marca che nessuno conosce, era la Leica della Germania dell’Est»
Come può essere descritto il tuo stile?
«Stile, questa parola misteriosa, quello influenzato dalle mode e dai tempi. Pure io, lo ammetto, sono influenzato dalle mode, anche se devo dire non ho mai individuato un “maestro”, un fotografo che mi abbia colpito in modo particolare e che ho cercato di copiare, anche se negli anni ho sviluppato un crescente interesse per il ritratto. Quando incontro una persona non osservo la figura ma gli occhi. Amo l’immediatezza, la fotografia colta al volo, spontanea. Quando cammino è come se avessi sempre in mano una macchina fotografica: ad ogni passante farei un ritratto. Così guardo le persone, dritto negli occhi. Mi piace cogliere l’istante, ma anche memorizzarlo per poi riprodurlo. Amo modificare cose, cancellando volti ed oggetti se li percepisco come rumore. Il mio stile è in continua sperimentazione.»
Preferisci scattare foto in posa oppure foto di reportage?
«Sono due modi completamente diversi di fare fotografia.
Agli inizi della mia carriera presso la Infolab di Bologna riprendevo tutti gli eventi aziendali e ne realizzavo filmati o copie per il web della società. Era essenzialmente reportage. Gli anni erano quelli di inizio secolo e, assieme al secolo, iniziava anche l’era della fotografia digitale. In seguito, quando mi staccai dall’informatica ed investii in uno studio fotografico, iniziai anche a fare foto in posa.
Nel reportage bisogna avere occhi e mente ben aperti per prevedere e capire tutti gli scatti e non perdere nessun attimo importante, mentre nella posa c’è un’estrema libertà di azione: luci, ombre e contrasti possono essere preparati in anticipo e modificati al volo mentre si opera lasciando aperta la strada ad una continua sperimentazione.
Ai miei sposi propongo una fusione di questi stili, omaggiandoli con un servizio fotografico prematrimoniale, una sorta di conoscenza fatta in studio sotto i riflettori per poter cogliere i gusti, individuare i piccoli difetti fisici e le tensioni emotive così che, nel reportage del matrimonio, potrò scattare in frazioni di secondo, spesso ottenendo risultati che appaiono come pose a lungo meditate. Lo so, non ho risposto alla domanda, la verità è che adoro scattare sia in posa che in reportage, quello che conta è il risultato finale.»
Qual è il tuo concetto di Real Wedding?
« Il Real Wedding è per me la “cattura” di attimi, di oggetti e di eventi della giornata più importante per gli sposi. Tutto è fondamentale, dalla rosa in giardino all’animale domestico; è importante tutto quello che possa suscitare in noi un’emozione unica. Ecco, il Real Wedding non è il racconto, la storia di quella giornata. È una registrazione di cose, di oggetti, di atmosfere e poi di eventi di quella giornata. Vorrei che la sposa, tanti anni dopo, possa sfogliare quell’album e riassaporare i profumi, rivivere le atmosfere, commuoversi come allora. Se ci riesco ho realizzato un real wedding.»
Che ricordi hai del primo servizio Wedding della tua carriera? C’è stata empatia con gli sposi?
«Sì, c’era molta empatia, erano degli amici. Lei bellissima, lui felice e con il “fisic du role” del cuoco che nascosi in ogni scatto dietro al vaporoso abito bianco della sposa. Di quel matrimonio mi restano tante fotografie e un mistero mai risolto: dove mi ha portato lo sposo, a fine cerimonia, per fotografarli con lo sfondo di San Luca sulle colline bolognesi? Ero talmente preoccupato per il servizio fotografico che non sono riuscito a memorizzare il percorso e tuttora, a distanza di anni, non sono riuscito a ritrovare quel delizioso angolo di colle.»
Quali sono le informazioni chiave da conoscere prima di un matrimonio? Come si instaura il rapporto con i futuri sposi?
«Al solito la risposta è come, dove, quando, perché, con chi. Ma le domande sono sempre indiscrete e spesso indispongono l’interlocutore. Sono gli sposi che raccontano loro stessi e la loro storia; la cosa fondamentale è ascoltarli con attenzione e raccogliere tutte le informazioni, per poi capire cosa desiderano e credimi, non tutti lo sanno!»
Foto libro moderno o album tradizionale?
«Oggi sembra che l’album “tradizionale” sia il foto libro, in quanto le coppie chiedono esclusivamente quello, l’altro viene ritenuto “vintage”, un ricordo di altri tempi.»
Come si è evoluto il linguaggio fotografico di matrimonio? Quanta importanza dai ai canali social e all’introduzione di innovazioni tecnologiche?
«Negli anni sono cambiate tante cose: le nuove tecnologie hanno introdotto parecchie possibilità, risolvendo diversi problemi e rendendo più rapido e snello il processo di produzione e sviluppo del prodotto fotografico. Allo stesso modo si è semplificata e velocizzata molto la comunicazione con gli sposi: la mia promessa è di inviare loro tutte le foto entro quarantotto ore dalla conclusione del matrimonio.
I canali social sono una vetrina con cui il fotografo diffonde la propria opera e cerca di attirare clientela, grazie alla rete si può accedere con facilità ad un’ampia platea.»
Oltre alla fotografia hai altre passioni?
«Tantissime! La lettura in primo piano, senza tralasciare la storia e la scienza, che continuo a seguire con lo stesso entusiasmo di uno studente universitario; inoltre mi piace viaggiare e amo follemente gli animali, soprattutto la mia Border collie, alla quale dedico molto tempo.
Aiuto anche mia moglie alle prese con il suo orto e mi diverto, inoltre essendo pilota di droni, cerco di trovare anche il tempo per il quotidiano esercizio di volo.»
Quale consiglio ti senti di dare a dei futuri sposi per la scelta di chi si occuperà di creare e gestire uno dei loro ricordi più importanti?
«Consiglio semplicemente di ascoltare i loro sentimenti: ci sono emozioni ed informazioni che con la voce non si possono trasmettere. Ragionate con sentimento, ognuno di noi percepisce la simpatia, l’empatia, la disponibilità e la sincerità dell’interlocutore. Agli sposi dico: fidatevi, se il vostro cuore ve lo suggerisce.»
Valeria Garbagnati